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Prime esperienze editoriali
Enrico dall’Oglio nacque ad Imola il 25 luglio 1900. Trasferitasi a Milano, la famiglia andò incontro a difficoltà finanziarie anche per la prematura scomparsa del padre Andrea e la madre, Ida Del Carlo, dovette iscriverlo a sei anni al Collegio Calchi Taeggi, dove Enrico riuscì a mantenersi usufruendo di borse di studio e conseguì la licenza tecnica nel luglio del 1913.
Nel frattempo, a soli dodici anni, ancora studente, il 27 luglio 1912 il giovane Enrico veniva assunto come fattorino di studio, a 40 lire mensili, in una casa editrice: la «Società Editrice Libraria» di Milano. Qui fece la prima conoscenza con il mondo della carta stampata. Scoppiata la prima guerra mondiale Enrico dall’Oglio si arruolò come volontario a diciassette anni nel corpo dei bersaglieri, fu ferito sul Piave nel 1918 e decorato di medaglia al valore. Alla fine della guerra, avendo proseguito negli studi come autodidatta, fu battagliero organizzatore sindacale, si iscrisse al Partito socialista dove conobbe Filippo Turati e fu tra coloro che accorsero in difesa della sede dell’«Avanti!» di Milano dopo l’assalto di squadre fasciste nell’aprile 1919.
Nello stesso 1919 si impiegò nuovamente in una casa editrice, la «Modernissima», fondata in quell’anno da Icilio Bianchi, di cui sarebbe divenuto direttore nel 1922 e nella quale conobbe autori e redattori come Gian Dauli (pseudonimo di Ugo Nalato), al quale va il merito di aver iniziato ad aprire le porte alla letteratura straniera, soprattutto a quella anglo-americana, e che avrebbe per qualche tempo collaborato con Enrico dall’Oglio anni dopo l’avvio in proprio da parte di dall’Oglio della sua attività editoriale.

 

 

L’attività in proprio: lo «Studio Editoriale Corbaccio» e le «Edizioni Corbaccio»
Questo avvenne quando il giovane dall’Oglio (allora appena ventitrenne) rilevò nell’ottobre 1923 assieme ad un socio il piccolo «Studio Editoriale Corbaccio», assumendo fin dall’inizio della sua attività con la sigla «Edizioni Corbaccio» una coraggiosa posizione antifascista. Scrive Bruno Pischedda: «La Corbaccio sorge agli inizi degli anni ’20 sul progetto di Enrico dall’Oglio, che vedeva nell’editore una guida politica e morale tendente ad influire sugli equilibri politico-ideologici del Paese»¹. E Ada Gigli Marchetti aggiunge: «Enrico dall’Oglio diventò editore perché volle produrre libri attraverso i quali poter diffondere non solo un messaggio di cultura, ma anche e soprattutto un messaggio di libertà e democrazia»². Va notato che all’avvento del fascismo, fatta eccezione per la coraggiosa attività di Piero Gobetti, non esisteva una casa editrice che si distinguesse per impegno politico, se si esclude un’editoria di partito esclusivamente di matrice socialista, che faceva capo alla «Libreria Editrice L’Avanti!». Così scrisse Enrico dall’Oglio durante l’esilio in Svizzera: «Ho inteso fare della mia casa editrice una palestra di democrazia, di insegnamento politico e sociale e di libera agitazione intellettuale»³.

1 B. Pischedda, “Storia dell’editoria d’Europa”, 2 voll., Firenze, Shakespeare & Co., 1995, pag. 422.
2 A. Gigli Marchetti, «Enrico dall’Oglio: un editore per la libertà» in AA.VV., “Stampa ed editoria tra le due guerre”, Milano, Franco Angeli, 1997, pag. 9.
3 Taccuino manoscritto; esilio in Svizzera, 1944-’45. Archivio dall’Oglio.

 

 







Le collane politiche e i sequestri
Nascevano così con la «Corbaccio» nel 1924 tre collane politiche di schietta e coraggiosa impronta antifascista: Res publica, inaugurata col volume di Giovanni Amendola “La democrazia dopo il 6 aprile 1924”; 
Confessioni e battaglie, inaugurata da una raccolta di scritti e discorsi di Giacomo Matteotti, “Reliquie”, pubblicata dopo il suo assassinio per mano fascista nell’agosto 1924, e, sempre nel 1924, sotto l’egida dell’«Associazione Italiana per il Controllo Democratico», di cui era animatore Filippo Turati, la Piccola Biblioteca di Studi Politici, inaugurata da “Le dittature in Italia”, cui faranno seguito “Le opposizioni parlamentari nel presente momento politico”, “La maggioranza parlamentare e l’opinione pubblica”, “Il governo fascista nelle colonie”, “La ricostruzione fascista”, “Tre pregiudizi”. Il volume di scritti e discorsi di Matteotti, pubblicato in Confessioni e battaglie e subito sequestrato (tra il 1924 e il 1943 furono ben 159 i sequestri di opere pubblicate dalla «Corbaccio»), non sarà seguito da altre pubblicazioni a causa del pesante controllo del regime fascista sulla casa editrice, mentre nella collana Res publica al volume di Amendola faranno seguito altre opere avverse al regime: “Rivolta morale” di Alfredo Misuri, “Una battaglia perduta” di Mario Missiroli, “Discorsi ai sordi” di Guglielmo Ferrero, “La democrazia e l’Unione nazionale” di Meuccio Ruini, “Irrealtà nazionalista” di Luigi Salvatorelli e, ancora nel 1925, “La libertà di stampa” di Mario Borsa.

 

 

Cultura contemporanea

Accanto a queste collane politiche, Enrico dall’Oglio fin dal primo anno della sua attività, nel 1924, dava spazio anche alla creazione di una quarta collana,     di impronta saggistico-culturale, Cultura contemporanea, diretta da Gerolamo Lazzeri, pubblicando quale primo titolo “Il filo di Arianna” del critico letterario Enrico Thovez, a cui seguiranno, tra gli altri, autori quali Miguel de Unamuno, Emilio Cecchi, Giuseppe Rensi, Giuseppe Prezzolini. L’editore curava anche personalmente la traduzione di alcuni volumi della prima edizione integrale italiana della “Storia della mia vita” di Giacomo Casanova, mentre proseguiva la pubblicazione della collana “I classici dell’amore”, iniziata dallo «Studio Editoriale Corbaccio».

 

 





































La persecuzione del regime fascista e la citazione in giudizio
Ma il regime non mollava la sua presa e nel 1927, dopo una violenta campagna di stampa, Enrico dall’Oglio veniva posto al bando dalla «Associazione Giornalisti e Autori» di Milano con espresso divieto di collaborazione con la sua casa editrice a tutti gli iscritti. «Ad ogni modo una soluzione s’impone. E’ ormai giunta l’ora di finirla col bugiardo, antifascista, quartarellista [dal bosco della Quartarella presso Roma, dove fu scoperto il cadavere di Giacomo Matteotti] Enrico dall’Oglio!», scriveva il 9 aprile 1928 il settimanale fascista «Camicia rossa» (così chiamato perché diretto da un nipote di Garibaldi diventato fedele sostenitore del regime)4. Ad Enrico dall’Oglio era stata nel frattempo intestata una cartella presso la Divisione Polizia Politica del Ministero degli Interni5, da cui si rileva che il capo della Divisione il 10 ottobre 1928 scriveva al Prefetto di Milano: «Apprendo che una certa attività antifascista svolge a Milano un certo dall’Oglio della Società editrice Corbaccio [...] Il dall’Oglio è un irriducibile avversario del regime [...] e il suo antifascismo si dice sia molto noto a Milano [...]». In una nuova nota ministeriale del 3 gennaio 1929 il capo della Polizia Politica tornava a richiedere informazioni su dall’Oglio: «A Milano mi consta che gruppi d’intellettuali antifascisti tengono spesso delle riunioni presso un certo signor dall’Olio [sic], il quale sarebbe a capo della casa editrice Corbaccio [...]». E ancora nel maggio 1932 l’editore verrà definito «[...] impenitente antifascista, che non si perita di esporre queste sue idee».
Così, nell’ottobre 1929 Enrico dall’Oglio veniva citato in giudizio presso il Tribunale Penale di Milano «per avere in Milano dal 1924 al 1925 pubblicamente fatto l’apologia di fatti preveduti dalla legge come delitti e incitato alla disobbedienza della legge e all’odio fra le varie classi sociali in modo pericoloso per la pubblica tranquillità»6. Venne fissata la prima udienza del processo da tenersi nell’ottobre 1930: la condanna sarebbe stata inevitabile se non fosse intervenuta nel frattempo un’amnistia, che evitò il carcere all’editore.

4 Gulliver, “E’ ora di finirla!”, «Camicia Rossa», Roma, 9 aprile 1928. Copia dell’articolo presso l’Archivio dall’Oglio.
5 Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Divisione Polizia Politica, fascicolo ad nomen (Enrico dall’Olio [sic!]).
6 Atto di citazione del Tribunale Penale di Milano n. 3588/29, 22 ottobre 1929. Originale presso l’Archivio dall’Oglio.

 

 





Achille Campanile
(1900-1977)

I primi successi di autori italiani
Intanto Enrico dall’Oglio aveva proseguito la propria attività, assumendo ormai un ruolo di rilievo nell’editoria italiana. Di lui scriveva Angelo Fortunato Formiggini nel suo “Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani compilato da uno dei suddetti”: «[...] Enrico dall’Oglio, un giovane magro magro che potrebbe diventare anche il primo editore d’Italia. Egli ha avuto il coraggio di prendere manoscritti che altri editori avevano scartato e ci ha cavato successi di eccezione»7. Tra quei manoscritti figurava il romanzo di Achille Campanile “Ma che cosa è questo amore?”, pubblicato nel 1927 con enorme successo di pubblico.

Altri autori lanciati con successo furono Gianna Manzini (“Tempo innamorato”), Ugo Betti (“Caino e altre novelle”), Nino Salvaneschi ("Breviario della felicità") e gli altri suoi libri di pensieri, intrisi di grande umanità.

7 A. F. Formiggini, “Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani, compilato da uno dei suddetti”, Roma, Edizioni Formiggini, 1928, pag. 32.

 






Nino Salvaneschi
(1886-1968)

 

L'avvio delle pubblicazioni di autori stranieri
L’attenzione dell’editore si era rivolta nel frattempo anche alla letteratura straniera: tutte le opere di Honoré de Balzac pubblicate a partire dal 1928, le opere complete del Premio Nobel John Galsworthy, sempre a partire dal 1928, i romanzi di Ramón Gomez de la Serna, cui seguiranno nel 1929 due collane, Hungaria e Volga, aperte alle letterature moderne dei due Paesi fino ad allora praticamente sconosciute. Tra gli autori russi, significativa la pubblicazione delle prime traduzioni in lingua italiana dei romanzi e dei racconti di Elia Ehrenburg: “Nel vicolo Protocny”, “L’amore di Gianna Ney”, “Tredici pipe”.

 

 

 




Elia Ehrenburg
(1891-1967)

La Collana storica
Sempre di quel periodo è l’uscita dei primi volumi della Collana storica, che raggiunse nell’arco di circa un decennio i 65 titoli: biografie affidate ad autori illustri, seriamente documentate ma di facile lettura, con molti titoli dovuti alla penna di storici italiani come Mario Mazzucchelli (protagonisti della Rivoluzione francese, primo tra tutti “Robespierre”, e dell’impero, “Napoleone III”) ed Eucardio Momigliano (“Cromwell”, “Barbarossa”, “Federico II di Svevia”).

 

 

I romanzi di Guido da Verona
Il catalogo dei narratori italiani di successo si arricchì con i romanzi di uno degli scrittori più fortunati e letti del tempo: Guido da Verona, il quale si accordò nel 1930 con Enrico dall’Oglio non solo per la nuova edizione di tutte le sue opere (che l’anno seguente iniziarono ad essere ristampate in migliaia di copie), ma anche per la pubblicazione di tre nuovi romanzi, “La canzone di sempre e di mai”, 
L'assassinio dell'albero antico”, “La canzone di ieri e di domani”.

 


Guido da Verona
(1881-1939)

I Secoli e la “Storia della guerra italiana”
Un’altra nuova collana, destinata ad accogliere opere di saggistica storico-politica, fu I Secoli, che dal 1931 al 1934 ospitò 29 titoli: memorie, avventure, novità, cronache e varietà storiche e contemporanee. Tra gli autori italiani di spicco Paolo Zappa, che con i suoi libri di avventure in terre lontane riscosse notevole successo. Del 1934 è la nutrita raccolta di volumi “Storia della Guerra italiana”.

 

 



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La Scrittori di tutto il mondo e il “Viaggio al termine della notte” di L. F. Céline
Tra il 1932 e il 1933 uscirono i primi volumi di due collane di narrativa con opere destinate a rimanere nel tempo, in prevalenza di autori stranieri – la Scrittori di tutto il mondo e I Corvi –, che diffusero una letteratura fino ad allora poco conosciuta e poco tradotta in italiano. Ideata già nel 1928 e diretta da Gian Dauli per la casa editrice «Modernissima», tra i 19 volumi pubblicati nella Scrittori di tutto il mondo erano usciti titoli di grande prestigio quali “Sotto il sole di Satana” di G. Bernanos, “Süss l’ebreo” di L. Feuchtwanger, “La signorina Elsa” di A. Schnitzler, “Figli e amanti” di D. H. Lawrence, “Il ponte di San Luis Rey” di T. Wilder, “Berlin Alexanderplatz” di A. Doeblin, “Babbitt” di S. Lewis e “La montagna incantata” di T. Mann. Ma la collana non ebbe il successo sperato e di lì a poco la stessa editrice «Modernissima» cessava le pubblicazioni. Fu allora che Enrico dall’Oglio, come scrive Ada Gigli Marchetti, «venne in soccorso di Gian Dauli, rimasto senza prospettive di lavoro e nel 1932 rilevò i primi titoli della Scrittori di tutto il mondo e “rilevò” anche Gian Dauli, cui affidò la direzione della collana.
Molti dei nuovi titoli pubblicati furono tuttavia scelta personale dell’editore e il caso più clamoroso, anche se non l’unico, fu la prima traduzione italiana del capolavoro di Céline “Viaggio al termine della notte”.

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La lettura del libro colpì talmente l’editore [‘stupendo, magistrale impasto di fango e di luce’, scrisse Enrico dall’Oglio] da indurlo ad immediata pubblicazione»8.
La decisione di dall’Oglio di pubblicare in tutta autonomia il “Viaggio” di Céline e altri testi fu accolta con sorpresa dal direttore della collana, che così scriveva al suo editore in una lettera del 3 febbraio 1933: «No, non sapevo di Weiss e di Kesten ed ho saputo a cose fatte di Mazeline e Céline. Fatto da voi è fatto bene, però suggerirei di non insistere sui francesi prima di vedere l’esito dei tre nuovi [...] Comunque vi ammiravo già ed ho imparato ad ammirarvi di più ogni giorno [...]»9. Di Gian Dauli autore dall’Oglio pubblicava nello stesso 1932 il romanzo “La rua” e “Gli assetati”, nel 1933 la nuova edizione di “L’ultimo dei Gastaldon”, nel 1934 quella di “Perdizione” e nel 1935 quella di “Soldati”. Il sodalizio con Gian Dauli verrà meno alla fine del 1934 per le continue richieste di denaro dello scrittore e per il suo mutato orientamento politico in favore del regime fascista.
La collana si arricchì negli anni di autori di fama quali John Dos Passos (“Nuova York”), Stefan Zweig (“Sovvertimento dei sensi”), Howard Spring (“Figlio! Figlio mio!”), Hugh Walpole (“La saga degli Herries”), Aldous Huxley (“Passo di danza”), fino all’ultimo titolo pubblicato nel 1943 (“Il nipote” di William von Simpson).

8 A. Gigli Marchetti, “Le edizioni Corbaccio. Storia di libri e di libertà”, con prefazione di Franco Della Peruta, Milano, Franco Angeli, 2000, pag. 56.
9 Lettera di Gian Dauli ad Enrico dall’Oglio, 3 febbraio 1933. Archivio dall’Oglio.

 




I Corvi
Un’altra idea innovativa ebbe l’editore sempre nel 1932. Non esisteva in Italia una collana economica moderna di formato tascabile: il libro era ancora in un certo senso un bene non alla portata di tutti, caro e spesso ingombrante. Nacque così I Corvi, varata nei primi mesi del 1933 e vista con immediato favore dal pubblico e dalla critica. La collana aveva la particolarità di coniugare all’economicità del prezzo (cinque lire) moltissimi titoli di prestigio, suddivisi in varie sezioni riconoscibili dal colore delle copertine. Enrico dall’Oglio vi pubblicò già nel 1933 la prima traduzione italiana di “Gente di Dublino” di James Joyce, facendo così conoscere al grande pubblico lo scrittore irlandese, la seconda edizione (la prima era stata pubblicata a spese dell’autore) de “Gli indifferenti” di A. Moravia, autori di fama come K. Mansfield con il suo “Diario”, T. Mann con “Altezza reale”, J. K. Jerome con “Tre uomini in barca” e numerosi altri fino ad allora sconosciuti al pubblico italiano. In questo senso si può veramente parlare, come ha fatto V. Spinazzola di
«funzione anticipatrice svolta dalla Corbaccio»10.

10 V. Spinazzola, «Scrittori, lettori ed editori», in: AA.VV., “Editoria e cultura a Milano tra le due Guerre (1920-1940)”, Atti del Convegno, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1983, pag. 31.

  

 


Contratto editoriale di Alberto Moravia con la Casa editrice Corbaccio per la pubblicazione  de "Gli indifferenti", 1933

La «Libreria Corbaccio»
Il 1932 fu anche l’anno in cui l’editore volle rendere concreta e visibile la sua presenza nel cuore di Milano: affittò così nella Galleria Vittorio Emanuele i locali della ex libreria «Unitas» e vi installò la sua libreria, che divenne per qualche anno, fino al 1936, luogo privilegiato di incontri, oltre che con il pubblico di lettori, con intellettuali e scrittori.

 

 

 



Bozze della traduzione del "Diario" di Katherine Mansfield con correzioni di pugno dell'editore


L’editore
Enrico dall’Oglio seguiva in prima persona tutte le fasi preparatorie dell’uscita di un libro per la sua «Corbaccio». Ciascun libro arrivava sul banco del libraio e poi al lettore dopo essere stato letto personalmente dall’editore almeno tre volte: una prima volta in fase di giudizio, una seconda dopo la composizione delle prime bozze in tipografia, la terza e ultima lettura prima di dare alle stampe il volume. In queste fasi preparatorie l’editore
manteneva poi un costante contatto con l’autore, curava la scelta dei caratteri e l’impaginazione della copertina, preavvertiva con lettere personali distributori e librai dell’uscita del volume, ne organizzava il lancio promozionale, contattava lui stesso critici e giornalisti per ottenerne la recensione, si assicurava che venisse ben distribuito nelle librerie, che spesso visitava in prima persona.

 

 

 

 

Convegno degli editori di Torino, 24-25 ottobre 1936 





Italo Svevo
(1861-1928)
Italo Svevo nel catalogo «Corbaccio»
Nel 1938 con la nuova edizione dei romanzi di Italo Svevo l’editore avviava il rilancio delle opere del grande scrittore triestino. “Una vita” e “Senilità” erano stati pubblicati a fine Ottocento dall’editore triestino Vram, ma a spese dell’autore. Quanto alla “Coscienza di Zeno” era stata pubblicata anch’essa a spese dell’autore dall’editore bolognese Cappelli agli inizi degli anni ’20. Ma nessuno dei tre romanzi aveva incontrato il favore del pubblico né tanto meno della critica, incapace di comprenderne la grandezza nonostante avesse avuto estimatori quali Montale e Joyce. Nella convinzione che le opere di Svevo non sarebbero dovute «andare nel dimenticatoio e che opportunamente presentate e rilanciate con vigore sul mercato» avrebbero potuto «suscitare ancora vasti interessi e richiami» (così scriveva Enrico dall’Oglio alla vedova di Svevo, Livia Veneziani, il 3 novembre 193711), dall’Oglio stipulò con la signora Svevo in data 7 febbraio 1938 un contratto per la riedizione di tutte le opere dello scrittore.



Contratto editoriale di Livia Veneziani con la Casa editrice Corbaccio per la pubblicazione delle opere del marito Italo Svevo, 1938

Da allora Svevo, finalmente riconosciuto in tutta la sua grandezza, resterà in esclusiva nel catalogo della casa editrice per oltre quarantacinque anni, fino a quando le sue opere diverranno di pubblico dominio. Alla morte di Enrico dall’Oglio, il 4 settembre 1966, la figlia di Svevo, Letizia Fonda Savio, scriverà al figlio dell’editore, Andrea: «...Ho perduto colui che alla fama di Svevo diede impulso generoso, comprendendo il valore di mio padre e pubblicando le sue opere quando nessuno in Italia voleva farlo o non osava farlo»12.

11 Lettera di Enrico dall’Oglio a Livia Veneziani Svevo, 3 novembre 1937. Archivio dall’Oglio.
12 Lettera di condoglianze di Letizia Fonda Savio ad Andrea dall’Oglio per la morte del padre Enrico, 9 settembre 1966. Archivio dall’Oglio.

 

 

 

Il matrimonio con Anna Romano
Il 1938 è anche l’anno in cui Enrico dall’Oglio sposò una giovane dottoressa pediatra, Anna Romano, che lo aiuterà nel suo lavoro e nelle sue battaglie politiche e lo seguirà nell’esilio in Svizzera (v. oltre), dalla quale ebbe due figli: Andrea, che continuerà l’attività della casa editrice dopo la sua scomparsa, e Barbara, che diverrà medico cardiologo nelle Suore dell’Ordine di «Maria Bambina».

 

Le leggi razziali del 1938, i sequestri di autori ebrei e il divieto di pubblicazione di autori stranieri
Con le leggi razziali del 1938 nuovi sequestri per la «Corbaccio» si aggiunsero alla già nutrita lista: tutte le opere di autori ebrei o, presunti tali, come Thomas Mann e la sua “Montagna incantata”, vennero sequestrate13, mentre alle richieste di ristampe o di pubblicazioni in lingua italiana di opere di autori stranieri indirizzate alla famigerata Commissione per la Bonifica Libraria veniva quasi sempre opposto un secco rifiuto con motivazioni anche ridicole: così, ad esempio, veniva vietata l’opera “Il vincolo irrazionale” di G. B. Shaw «perché il contenuto è contrario ai principi fascisti sulla famiglia», mentre a guerra già iniziata il Ministero per la Cultura Popolare vietava la ristampa de “Gli indifferenti” di Moravia e la pubblicazione dei volumi della “Recherche” di Proust perché «non opportuna almeno per la durata della guerra». Anche “Pian della Tortilla” di J. Steinbeck non potè entrare nel catalogo della «Corbaccio» pesantemente impoverito con grave danno economico dell’editore.
Lo stesso Enrico dall’Oglio era costantemente sotto sorveglianza da parte del regime: ancora il 29 novembre 1938, dalla Divisione affari generali e riservati della Direzione generale di pubblica sicurezza si segnalava al prefetto di Milano che l’editore era «noto alla setta Giustizia e Libertà [...] perché segnalato alla stessa per l’invio di stampati antifascisti»14.

13 Per un’approfondita conoscenza dell’opera di censura svolta dal regime fascista nei riguardi degli autori ebrei, cfr. Giorgio Fabre, “L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei”, Torino, 1998.
14 ACS, Ministero dell’Interno, Dir. Gen. P.S. Div. AA.GG.RR., cat. 2B, ad nomen.



L’opera di Giuseppe Rensi
Tutto questo non impediva all’editore di portare avanti con coraggio e con tenacia la sua attività anche con la pubblicazione di autori invisi al regime. Ancora nel 1937 era entrata nella nuova serie di Cultura contemporanea l’opera di Giuseppe Rensi, “La filosofia dell’assurdo”, e ne I Corvi "Paradossi d'estetica". Professore di filosofia all'Università di Genova, Rensi era stato allontanato dalla cattedra universitaria per la sua opposizione al regime. Sempre di Rensi nel 1939 l'editore pubblicherà anche "Autobiografia intellettuale".

 

 

Minerva e Operai dell’intelligenza
Nel 1939 nacquero altre due collane: Minerva, di divulgazione scientifica, e Operai dell’intelligenza, biografie di artisti e pensatori che si affiancavano a quelle di uomini d’azione della Collana storica, mentre nel 1940 veniva varata Documento, con l’intento di offrire al pubblico l’opportunità di documentarsi su vicende d’attualità.

 

 

La «Corbaccio-dall’Oglio editore»
Nel 1941 l’editore, dopo aver modificato la ragione sociale della casa editrice da «Corbaccio» in «Corbaccio-dall’Oglio editore», decideva anche di dotarsi di una tipografia propria, acquisendo una piccola impresa nel centro di Milano alla quale affidare la stampa dei propri volumi accanto a «La Tipografica Varese» di Giuseppe Redaelli, con la quale la casa editrice mantenne sempre un proficuo sodalizio di lavoro (avviato nel 1929 e proseguito dopo la guerra). La «STED, Stabilimento Tipografico Enrico dall’Oglio» diede lavoro ad una decina di operai, ma andò purtroppo totalmente distrutta nel corso dei bombardamenti alleati su Milano dell’agosto 1943. Nello stesso 1941 l’editore decideva di cimentarsi in un nuovo ambito e veniva varata la collana per ragazzi Lucilla, diretta dalla scrittrice Lucilla Antonelli.

 

“Tutte le Encicliche dei sommi Pontefici” e la “Storia del Cristianesimo”
Tra il 1940 e il 1942 uscivano due opere imponenti: “Tutte le Encicliche dei sommi Pontefici” curata da Eucardio Momigliano, con il testo integrale di tutti i principali documenti pontifici, e la “Storia del Cristianesimo” di Ernesto Bonaiuti, principale esponente in Italia del movimento modernista, scomunicato dalla Chiesa e allontanato nel 1931 dall’insegnamento universitario dal regime fascista.

 

 

Il Partito Democratico del Lavoro
Nel frattempo Enrico dall’Oglio aveva deciso di riprendere in prima persona la sua battaglia politica, maturando l’idea, di cui rese partecipe una ristretta cerchia di amici tra cui lo storico Eucardio Momigliano e il deputato Luigi Gasparotto, di fondare nella clandestinità un nuovo partito, il Partito Democratico del Lavoro, che, ispirandosi ai principi del socialismo riformista, potesse dare un contributo alla rinnovata vita politica del Paese una volta caduto il fascismo.

 

 

“Coscienza”
Ma fu nel 1943 che dall’Oglio, come scrive Ada Gigli Marchetti, «pensò che fosse venuto il momento di rompere gli indugi e di ritornare dichiaratamente nell’agone politico. E lo fece con l’unico strumento a lui veramente congeniale: un libro. Il 30 luglio 1943, a soli cinque giorni dalla caduta di Mussolini, fece uscire dalla sua tipografia, a sua firma e a testimonianza della volontà di un preciso impegno politico ed editoriale, un opuscolo intitolato “Coscienza”»15
E così scrive G. Pedullà: «Fra le voci più tempestive nell’assumere ancora una volta una posizione antifascista appare quella di dall’Oglio, che nell’estate 1943 esce allo scoperto annunciando la ripresa delle collane militanti Confessioni e battaglie e Res publica, accompagnate dalla rivista “Porte aperte” [Opere libere], che si propone di ospitare tutte le correnti culturali democratiche»16. “Coscienza”, come scrive ancora Ada Gigli Marchetti, voleva dunque essere «un’aperta presa di posizione contro il fascismo e una ferma esortazione al Paese perché si impegnasse nel rinnovamento politico e culturale. Manifesto di un programma politico da realizzare in un’Italia liberata dalla dittatura, “Coscienza” era anche la testimonianza del dramma personale di Enrico dall’Oglio, del prezzo da lui pagato per continuare la sua attività di editore [...].

Alla dichiarazione di intenti professata in “Coscienza” non poterono seguire i fatti. La rivista «Porte aperte» [...] non uscì. Così come non uscì nessun’altra delle pubblicazioni annunciate. L’editore infatti fu presto costretto alla clandestinità dalla repubblica di Salò; qualche mese dopo, il 19 febbraio 1944, il Ministro della Cultura Popolare della Repubblica di Salò, Fernando Mezzasoma, disponeva ‘l’immediato sequestro dell’opuscolo “Coscienza”’»17, mentre veniva intensificata la caccia all’editore.

15 A. Gigli Marchetti, cit., pag. 88.
16 G. Pedullà, «Gli anni del fascismo: imprenditoria privata e intervento statale», in “Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea”, a cura di G. Turi, Firenze, Giunti, 1997, pag. 381.
17 A. Gigli Marchetti, cit., pagg. 88-90. Il telegramma con l'ordine di sequestro qui riprodotto è conservato presso l'Archivio di Stato di Milano, Gab. Pref. II, Cartella 383, Cat. 045 (Sequestri).

 

 


La clandestinità, la condanna a trent’anni in contumacia, l’esilio in Svizzera
Dopo aver vissuto in clandestinità per qualche mese sulle colline del Varesotto, mentre la moglie e i figli erano sfollati in un minuscolo paese di quella stessa zona, all’albergo «Riposo» di Prima Cappella, il 1° aprile del 1944 Enrico dall’Oglio fu colà raggiunto da un invito del Tribunale Provinciale Straordinario a «comparire sabato 16 aprile 1944 alle ore 10 presso [...] [quel] Tribunale [a] Palazzo di Giustizia di via Freguglia 2, stanza n. 478 per comunicazioni che [...] [lo] riguardavano»18. Non essendosi egli ovviamente presentato, fu colpito da mandato di cattura e quindi «condannato in contumacia a trent’anni di reclusione per aver fondato il Partito Democratico del Lavoro, la rivista «Opere libere», per aver scritto e pubblicato “Coscienza”.
 

La notizia venne riportata da «La squilla italica. Giornale italiano in Svizzera» il 27 maggio 1944.
L’esilio svizzero di Enrico dall’Oglio aveva avuto inizio il 15 aprile 1944 quando l’editore, dopo una lunga marcia attraverso la Val Codera, con l’appoggio di un gruppo di partigiani facenti capo all’organizzazione di Giustizia e Libertà, era entrato in territorio elvetico in Engadina a Bondo. Alla polizia di Samaden Enrico dall’Oglio dichiarava «Dal 1924 sono stato politicamente attivo. Ho scritto e pubblicato libri e  articoli di giornale contro il fascismo. Sono ricercato dal settembre 1943 e ho dovuto rimanere nascosto in Italia. Alcune volte mi hanno cercato a casa. Sono stato imputato avanti la giustizia. Non mi rimaneva altro che rifugiarmi in Svizzera [...]. Sono convinto che, se venissi rinviato in Italia, verrei immediatamente fucilato»19. Enrico dall’Oglio trascorse un anno in Svizzera, dall’aprile 1944 all’aprile 1945. La moglie Anna, con i due figli, lo aveva raggiunto di nascosto valicando nella notte il confine sul monte Bisbino con l’aiuto dei partigiani. Nel dicembre del 1944, infatti, i tedeschi, che erano venuti a conoscenza del fatto che Enrico dall’Oglio si trovava in Svizzera, convocavano la moglie al Comando delle SS di Varese: vi rimase due giorni e venne minacciata d’internamento in un campo in Germania se non avesse ammesso che il marito si trovava in Svizzera e che lei era in contatto con lui. Anna Romano rifiutò di fare ammissioni di sorta, ma il pericolo era ormai gravissimo: rendendo nota alla polizia di confine svizzera, dopo la fuga notturna, le minacce ricevute al Comando SS, anche Anna Romano e i figli ottennero immediato asilo politico e poterono così rifugiarsi anch’essi oltre confine20. Nel frattempo l’editore aveva trascorso periodi di quarantena nei campi di internamento prima di Samaden, poi di Ringlikon e di Mergoscia, che si conclusero solo il 6 giugno 1944. Sul finire dell’anno la famiglia poté finalmente riunirsi a Locarno.

18 II Invito a comparire inviato dal Tribunale Provinciale di Milano il 1° aprile 1944. Archivio dall’Oglio.
19 ACB (Archivio Cantonale di Bellinzona), FI (Fondo Internati), Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, Verbale d’interrogatorio dall’Oglio Enrico, Samaden, 19 aprile 1944.
20 ACB (Archivio Cantonale di Bellinzona), FI (Fondo Internati), Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, Verbale d’interrogatorio dall’Oglio-Anna Romano, Bellinzona, 15 dicembre 1944.

 

 

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Luigi Gasparotto
(1873-1954)

I contatti con gli altri esuli, i rapporti con Luigi Gasparotto
A Locarno Enrico dall’Oglio si preoccupò di riallacciare i contatti con gli altri esuli (sulla vicenda dei rifugiati italiani in Svizzera dal 1943 al 1945 si veda il volume di Renata Broggini “Terra d’asilo”, Bologna, Il Mulino, 1993). Come scrive Ada Gigli Marchetti, «egli non smise mai di pensare attivamente alla politica, così come non smise mai di pensare alla sua attività di editore. Ancora una volta, come nell’ormai lontano 1924, le passioni della sua vita si ricongiungevano [...]. Così si riconfermò nell’idea di dar vita, e questa volta concretamente, al Partito Democratico del Lavoro, cercando di definirne obiettivi e finalità»21. Il suo interlocutore per la realizzazione di questo progetto continuava ad essere Luigi Gasparotto, al quale scriveva il 7 luglio 1944: «Quando lei potrà e vorrà ne riparleremo insieme per estendere, precisare e diffondere quello che si potrebbe chiamare [...] Manifesto della democrazia italiana. Così come le propongo di [...] costituirci definitivamente in Partito democratico del lavoro, com’io lo vidi e lo fondai nel ’41»22. Quanto alla ripresa dell’attività editoriale, in un’altra lettera all’amico Gasparotto del 28 ottobre 1944 dall’Oglio scriveva: «Questo non incide e non coincide con l’attività della mia Corbaccio, che riprenderà con ogni lena e forse senza demerito, non appena potrò rimettermi davanti alla mia “bottega d’idee” e dietro la mia scrivania. Pur che trovi una sola pedalina, libri, riviste e giornali usciranno a getto continuo»23.

21 A. Gigli Marchetti, cit. pag. 96.
22 Lettera di Enrico dall’Oglio a Luigi Gasparotto, 7 luglio 1944. Archivio Gasparotto presso Istituto Milanese per la Storia della Resistenza e del Movimento Operaio, busta 4, fascicolo 2.
23 Lettera di Enrico dall’Oglio a Luigi Gasparotto, 28 ottobre 1944. Ibidem.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I rapporti con Arnoldo Mondadori
Anche Arnoldo Mondadori si trovava esule in Svizzera e, per quanto vi si trovasse per ragioni per molti aspetti opposte a quelle di Enrico dall’Oglio (temeva cioè ritorsioni antifasciste per essere stato un editore vicino al regime), vi era tuttavia stima reciproca e lo stesso Mondadori aveva cercato di essere d’aiuto a dall’Oglio sia quando si trattava di fargli regolarizzare la sua posizione in Svizzera, sia quando si trattava di metterlo nascostamente in comunicazione con la moglie Anna, sia infine offrendosi di mettergli a disposizione per la ripresa dell’attività editoriali la sua struttura produttiva e commerciale24.
Ma Mondadori andò oltre. «Ferma restando la volontà di dall’Oglio di ridare comunque vita, a guerra conclusa, alla sua «Corbaccio», vennero altresì ventilati progetti di iniziative comuni. Più in particolare Mondadori puntò su dall’Oglio e i suoi amici (il più autorevole dei quali dal punto di vista politico era Luigi Gasparotto) nella speranza di potersene fare una copertura per una futura diversa configurazione societaria che lo vedesse (e si può capire perché) meno direttamente esposto a livello di Consiglio di amministrazione. L’ipotesi messa inizialmente a punto prevedeva che la presenza in quest’ultimo di membri della famiglia fosse limitata, dando l’opzione della maggioranza a dall’Oglio e facendovi entrare anche il già citato Gasparotto e altri elementi antifascisti [...]. Ma la convivenza venne giudicata comunque troppo imbarazzante dagli interessati»25 e il progetto finì per cadere.

24 Lettera di Arnoldo Mondadori a Enrico dall’Oglio, 21 agosto 1944. Archivio dall’Oglio.
25 E. Decleva, “Mondadori”, Torino, Utet, 1993, pag. 290.

 

 
La fondazione clandestina del Partito Democratico del Lavoro
Sul finire del 1944 Enrico dall’Oglio ebbe la soddisfazione di sapere che il suo Partito Democratico del Lavoro si era effettivamente costituito a Roma nella clandestinità nel 1943 per opera di un altro suo autore, Meuccio Ruini, e di Ivanoe Bonomi e, successivamente, anche con il concorso di Eucardio Momigliano e di Luigi Gasparotto, chiamato a far parte quale Ministro dell’Aeronautica del primo governo Bonomi.
Allo stesso Gasparotto, agli inizi del 1945, Enrico dall’Oglio, fiducioso in un prossimo rientro in patria e nella ripresa della sua attività editoriale, scriveva per invitarlo a collaborare ad un progetto che gli stava a cuore: una collana di biografie di personaggi dell’antifascismo e stilava un elenco di autori, alcuni dei quali avevano già avviato la stesura dei testi.

 

Il rientro in Italia e il riavvio dell’attività editoriale
Rientrato finalmente in patria dopo la liberazione nell’aprile 1945, Enrico dall’Oglio, sprovvisto di mezzi e con lo stabilimento tipografico distrutto, volle tuttavia riavviare subito la sua attività editoriale, indirizzando a tutti i librai, nel maggio 1945, un battagliero volantino pubblicitario:
«Caro signor libraio, nell’autunno del 1943 ho volontariamente sospeso la mia attività editoriale. Ho voluto, cioè, non produrre nulla - neppure la più facile e la più semplice delle ristampe - e non guadagnare un centesimo durante il fosco periodo dell’invasione teutonica e della  servile ‘repubblica’ [...]. So che ora devo ricominciare, né più né meno, dal principio; esattamente da quando, poco più che ventenne, esordivo in campo editoriale con opere che io stesso sento di poter definire non obliabili: Matteotti, Amendola, Ferrero, Misuri, Borsa, Ruini, Salvatorelli, l’Associazione per il Controllo Democratico ecc. Posseggo soltanto la volontà. Mi accingo a ricostruire. Contribuirò del mio meglio alla rinascita spirituale del Paese [...]. Cordialmente. Enrico dall’Oglio, editore»26.

26 Volantino ai librai, maggio 1945. Archivio dall’Oglio.

 

 

 

 

La nuova serie di Confessioni e battaglie
Così, l’attività della casa editrice riprendeva proprio da dove era iniziata con la pubblicazione della nuova serie della collana Confessioni e battaglie: “Reliquie” di Matteotti e “Libertà di stampa” di Mario Borsa erano ora accostati a “L’avventura fascista” di Bortolo Belotti, a “Missione segreta” di Alberto Berio, a “Storia politica italiana” di Luigi Degli Occhi, a “Diario di un deputato” e “La via del Campidoglio” di Luigi Gasparotto, a “L’Italia ieri e domani” di Ettore Janni, a “Croce a sinistra” di Arturo Lanocita.

 

 

 

L’attività politica
L’attività politica al ritorno di dall’Oglio dall’esilio non gli presentò minori ostacoli. Il suo Partito Democratico del Lavoro stentava a decollare e tuttavia l’editore decise di presentarsi candidato socialista-riformista nelle elezioni del 2 giugno 1946 per l’Assemblea costituente nella circoscrizione Como-Varese-Sondrio nella lista del raggruppamento elettorale dell’Unione Democratica Nazionale, di cui faceva appunto parte il Partito Democratico del Lavoro; ma, sebbene avesse avuto un buon numero di consensi personali, non fu eletto.

 

 

Vecchie e nuove collane
L’insuccesso elettorale non lo allontanò dalla politica, ma semplicemente lo convinse a muoversi con gli unici strumenti che veramente conosceva: i libri. Così, accanto a Confessioni e battaglie, rinascevano anche, in nuova veste e con nuovi titoli, le collane di maggior prestigio della «Corbaccio»: la Scrittori di tutto il mondo, I Corvi, la Collana storica; venivano ripubblicate opere monumentali come la “Storia del Cristianesimo” di Ernesto Buonaiuti e “Tutte le Encicliche dei sommi Pontefici”; venivano create nuove collane come la Gran Carro, romanzi e  saggi di alta levatura, e Ammiraglia, destinata ad accogliere l’Opera Omnia di Italo Svevo.


Successivamente nascevano altre due collane di rilievo di argomento storico: Donne celebri (memorabile il successo de “La Monaca di Monza” di Mario Mazzucchelli) e Grandi famiglie con alcuni tra i maggiori storici italiani, mentre Cultura contemporanea accoglieva saggi di autori come S. de Madariaga, C. V. Wedgwood, R. Fülöp-Miller, M. Brion, F. Cognasso.

 

 

 

La scomparsa
Alla morte dell’editore, nel settembre 1966, Paolo Grassi, direttore del Piccolo Teatro di Milano, scrisse al figlio Andrea: «Caro dall’Oglio, leggo della scomparsa di tuo padre. Gli dobbiamo tutti indicazioni, stimoli, proposte, riflessioni di vita morale e culturale negli anni “difficili”: tutti noi abbiamo costruito un po’ della nostra cultura, della nostra conoscenza sugli indimenticabili libri della Corbaccio [...]»27.

27 Lettera di Paolo Grassi ad Andrea dall’Oglio, 5 settembre 1966. Archivio dall’Oglio.

 

Il figlio Andrea continua l’attività editoriale
La guida della casa editrice veniva assunta dal figlio Andrea, autore di un apprezzato volume sull’unità europea dal titolo “Europa, unità e divisione” (1962), che proseguiva nell’attività continuando a dare la precedenza a scelte di opere di qualità nelle varie collane, che si arricchivano di numerosi titoli.

 





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L’Opera Omnia di Italo Svevo, i Maestri del passato, i successi della narrativa
Venne portata a compimento la pubblicazione dell’Opera Omnia di Italo Svevo suddivisa in quattro volumi: “Romanzi”, “Racconti, saggi e pagine sparse”, “Epistolario”, “Commedie”. Nell’ambito de I Corvi, d’intesa con la «Oxford University Press», veniva pubblicata la serie Maestri del passato, mentre prendevano vita nuove collane della narrativa d’evasione: Il camaleonte, nella quale, accanto ad altri successi, quali i romanzi di Irving Stone (“Brama di vivere”, “Il tormento e l'estasi”) e di Arthur Hailey (“Aeroporto”), va ricordato quello de “Il Padrino” di Mario Puzo e dei romanzi di azione di Alan (Sergio) Altieri, Andromeda, con testi di fantascienza, alle quali si affiancava Attualità, dedicata a grandi inchieste giornalistiche, ed Exploits, diretta da Bruno Romano, sulle imprese alpinistiche di maggior rilievo, e con testi di etnologia come le opere di Fosco Maraini, il grande orientalista.

 






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La «Corbaccio» entra a far parte del Gruppo «Longanesi»
Nel 1992 la casa editrice entrava con il marchio «Corbaccio» nel Gruppo «Longanesi», dove continua la propria attività, mentre la sigla «dall’Oglio edi
tore» rimane di proprietà della famiglia.