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Prime esperienze editoriali
Enrico
dall’Oglio nacque ad Imola il
25 luglio 1900. Trasferitasi a Milano, la famiglia andò
incontro
a difficoltà finanziarie anche per la prematura scomparsa
del
padre Andrea e la madre, Ida Del Carlo, dovette iscriverlo a sei anni
al Collegio Calchi Taeggi, dove Enrico riuscì a mantenersi
usufruendo di borse di studio e conseguì la licenza tecnica
nel
luglio del 1913.
Nel frattempo, a soli dodici anni, ancora
studente, il 27 luglio 1912 il giovane Enrico veniva assunto come
fattorino di studio, a 40 lire mensili, in una casa editrice: la
«Società Editrice Libraria» di Milano.
Qui fece la prima conoscenza con il mondo della carta stampata.
Scoppiata la prima guerra mondiale Enrico dall’Oglio si
arruolò come volontario a diciassette anni nel corpo dei
bersaglieri, fu ferito sul Piave nel 1918 e decorato di medaglia al
valore. Alla fine della guerra, avendo proseguito negli studi come
autodidatta, fu battagliero organizzatore sindacale, si iscrisse al
Partito socialista dove conobbe Filippo Turati e fu tra coloro che
accorsero in difesa della sede
dell’«Avanti!» di Milano dopo
l’assalto di squadre fasciste nell’aprile 1919.
Nello stesso 1919 si impiegò nuovamente in una casa
editrice, la «Modernissima», fondata in
quell’anno da Icilio Bianchi, di cui sarebbe divenuto
direttore nel 1922 e nella quale conobbe autori e redattori come Gian
Dauli (pseudonimo di Ugo Nalato), al quale va il merito di aver
iniziato ad aprire le porte alla letteratura straniera, soprattutto a
quella anglo-americana, e che avrebbe per qualche tempo collaborato con
Enrico dall’Oglio anni dopo l’avvio in proprio da
parte di dall’Oglio della sua attività editoriale.
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L’attività
in proprio: lo «Studio Editoriale Corbaccio» e le
«Edizioni Corbaccio»
Questo avvenne quando il giovane dall’Oglio (allora appena
ventitrenne) rilevò nell’ottobre 1923 assieme ad
un socio
il piccolo «Studio Editoriale Corbaccio», assumendo
fin
dall’inizio della sua attività con la
sigla «Edizioni Corbaccio» una coraggiosa
posizione
antifascista. Scrive Bruno Pischedda: «La Corbaccio sorge
agli
inizi degli anni ’20 sul progetto di Enrico
dall’Oglio, che
vedeva nell’editore una guida politica e morale tendente ad
influire sugli equilibri politico-ideologici del
Paese»¹. E
Ada Gigli Marchetti aggiunge: «Enrico dall’Oglio
diventò editore perché volle produrre libri
attraverso i
quali poter diffondere non solo un messaggio di cultura, ma anche e
soprattutto un messaggio di libertà e
democrazia»².
Va notato che all’avvento del fascismo, fatta eccezione per
la
coraggiosa attività di Piero Gobetti, non esisteva una casa
editrice che si distinguesse per impegno politico, se si esclude
un’editoria di partito esclusivamente di matrice socialista,
che
faceva capo alla «Libreria Editrice
L’Avanti!».
Così scrisse Enrico dall’Oglio durante
l’esilio in
Svizzera: «Ho inteso fare della mia casa editrice una
palestra di
democrazia, di insegnamento politico e sociale e di libera agitazione
intellettuale»³.
1 B. Pischedda, “Storia dell’editoria
d’Europa”, 2 voll., Firenze, Shakespeare &
Co., 1995, pag. 422.
2 A. Gigli Marchetti, «Enrico
dall’Oglio:
un editore per la libertà» in AA.VV.,
“Stampa ed
editoria tra le due guerre”, Milano, Franco Angeli, 1997,
pag. 9.
3 Taccuino manoscritto; esilio in
Svizzera, 1944-’45. Archivio dall’Oglio.
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Le collane politiche e i sequestri
Nascevano così con la «Corbaccio» nel
1924 tre collane politiche di schietta e coraggiosa impronta
antifascista: Res
publica, inaugurata col volume di Giovanni Amendola
“La democrazia dopo il 6 aprile 1924”; Confessioni e battaglie,
inaugurata da una raccolta di scritti e discorsi di Giacomo Matteotti,
“Reliquie”, pubblicata dopo il suo assassinio per
mano fascista nell’agosto 1924, e, sempre nel 1924, sotto
l’egida dell’«Associazione Italiana per
il Controllo Democratico», di cui era animatore Filippo
Turati, la Piccola
Biblioteca di Studi Politici, inaugurata da “Le
dittature in Italia”, cui faranno seguito “Le
opposizioni parlamentari nel presente momento politico”,
“La maggioranza parlamentare e l’opinione
pubblica”, “Il governo fascista nelle
colonie”, “La ricostruzione fascista”,
“Tre pregiudizi”. Il volume di scritti e discorsi di Matteotti, pubblicato in Confessioni
e battaglie e subito sequestrato (tra il 1924 e il 1943
furono ben 159 i sequestri di opere pubblicate dalla
«Corbaccio»), non sarà seguito da altre
pubblicazioni a causa del pesante controllo del regime fascista sulla
casa editrice, mentre nella collana Res publica al
volume di Amendola faranno seguito altre opere avverse al regime:
“Rivolta morale” di Alfredo Misuri, “Una
battaglia perduta” di Mario Missiroli, “Discorsi ai
sordi” di Guglielmo Ferrero, “La democrazia e
l’Unione nazionale” di Meuccio Ruini,
“Irrealtà nazionalista” di Luigi
Salvatorelli e, ancora nel 1925, “La libertà di
stampa” di Mario Borsa.
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Cultura
contemporanea
Accanto a queste collane politiche, Enrico dall’Oglio fin dal
primo anno della sua attività, nel 1924, dava spazio anche
alla creazione di una quarta collana, di impronta saggistico-culturale, Cultura
contemporanea, diretta da Gerolamo Lazzeri, pubblicando
quale primo titolo “Il filo di Arianna” del critico
letterario Enrico Thovez, a cui seguiranno, tra gli altri, autori quali
Miguel de Unamuno, Emilio Cecchi, Giuseppe Rensi, Giuseppe Prezzolini.
L’editore curava anche personalmente la traduzione di alcuni
volumi della prima edizione integrale italiana della “Storia
della mia vita” di Giacomo Casanova, mentre proseguiva la
pubblicazione della collana “I classici
dell’amore”, iniziata dallo «Studio
Editoriale Corbaccio».
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La
persecuzione del regime fascista e la citazione in giudizio
Ma il regime non mollava la sua presa e nel 1927, dopo una violenta
campagna di stampa, Enrico dall’Oglio veniva posto al bando
dalla «Associazione Giornalisti e Autori» di Milano
con espresso divieto di collaborazione con la sua casa editrice a tutti gli iscritti.
«Ad ogni modo una soluzione s’impone. E’
ormai giunta l’ora di finirla col bugiardo, antifascista,
quartarellista [dal bosco della Quartarella presso Roma, dove fu
scoperto il cadavere di Giacomo Matteotti] Enrico
dall’Oglio!», scriveva il 9 aprile 1928 il
settimanale fascista «Camicia rossa»
(così chiamato perché diretto da un nipote di
Garibaldi diventato fedele sostenitore del regime)4.
Ad Enrico dall’Oglio era stata nel frattempo intestata una
cartella presso la Divisione Polizia Politica del Ministero degli
Interni5, da cui si rileva che il capo della Divisione il 10 ottobre 1928
scriveva al Prefetto di Milano: «Apprendo che una certa
attività antifascista svolge a Milano un certo
dall’Oglio della Società editrice Corbaccio [...]
Il dall’Oglio è un irriducibile avversario del
regime [...] e il suo antifascismo si dice sia molto noto a Milano
[...]». In una nuova nota ministeriale del 3 gennaio 1929 il
capo della Polizia Politica tornava a richiedere informazioni su
dall’Oglio: «A Milano mi consta che gruppi
d’intellettuali antifascisti tengono spesso delle riunioni
presso un certo signor dall’Olio [sic], il quale sarebbe a
capo della casa editrice Corbaccio [...]». E ancora nel
maggio 1932 l’editore verrà definito
«[...] impenitente antifascista, che non si perita di esporre
queste sue idee».
Così, nell’ottobre 1929 Enrico
dall’Oglio veniva citato in giudizio presso il Tribunale
Penale di Milano «per avere in Milano dal 1924 al 1925
pubblicamente fatto l’apologia di fatti preveduti dalla legge
come delitti e incitato alla disobbedienza della legge e
all’odio fra le varie classi sociali in modo pericoloso per
la pubblica tranquillità»6.
Venne fissata la prima udienza del processo da tenersi
nell’ottobre 1930: la condanna sarebbe stata inevitabile se
non fosse intervenuta nel frattempo un’amnistia, che
evitò il carcere all’editore.
4 Gulliver,
“E’ ora di finirla!”, «Camicia
Rossa»,
Roma, 9 aprile 1928. Copia dell’articolo presso
l’Archivio
dall’Oglio.
5 Archivio Centrale dello Stato, Roma,
Ministero
dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza,
Divisione Polizia Politica, fascicolo ad nomen (Enrico
dall’Olio
[sic!]).
6 Atto di citazione del Tribunale Penale
di Milano n.
3588/29, 22 ottobre 1929. Originale presso l’Archivio
dall’Oglio.
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Achille Campanile
(1900-1977) |
I primi
successi di autori italiani
Intanto Enrico dall’Oglio aveva proseguito la propria
attività, assumendo ormai un ruolo di rilievo
nell’editoria italiana. Di lui scriveva Angelo Fortunato
Formiggini nel suo “Dizionarietto rompitascabile degli
editori italiani compilato da uno dei suddetti”:
«[...] Enrico dall’Oglio, un giovane magro magro
che potrebbe diventare anche il primo editore d’Italia. Egli
ha avuto il coraggio di prendere manoscritti che altri editori avevano
scartato e ci ha cavato successi di eccezione»7.
Tra quei manoscritti figurava il romanzo di Achille Campanile
“Ma
che cosa è questo amore?”, pubblicato nel 1927 con enorme
successo
di pubblico.
Altri autori lanciati con successo furono Gianna Manzini
(“Tempo innamorato”), Ugo Betti (“Caino e
altre
novelle”), Nino Salvaneschi ("Breviario della
felicità") e
gli altri suoi libri di pensieri, intrisi di grande
umanità.
7 A. F. Formiggini,
“Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani,
compilato
da uno dei suddetti”, Roma, Edizioni Formiggini, 1928, pag.
32.
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Nino Salvaneschi
(1886-1968)
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L'avvio delle
pubblicazioni di autori stranieri
L’attenzione dell’editore si era rivolta nel
frattempo anche alla letteratura straniera: tutte le opere di
Honoré de Balzac pubblicate a partire dal 1928, le opere
complete del Premio Nobel John Galsworthy, sempre a partire dal 1928, i
romanzi di Ramón Gomez de la Serna, cui seguiranno nel 1929
due collane, Hungaria e Volga, aperte alle letterature moderne dei due
Paesi fino ad allora praticamente sconosciute. Tra gli autori russi,
significativa la pubblicazione delle prime traduzioni in lingua
italiana dei romanzi e dei racconti di Elia Ehrenburg:
“Nel vicolo Protocny”, “L’amore
di Gianna Ney”, “Tredici pipe”.
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Elia Ehrenburg
(1891-1967)
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La Collana
storica
Sempre di quel periodo è l’uscita dei primi volumi
della Collana storica, che raggiunse nell’arco di circa un
decennio i 65 titoli: biografie affidate ad autori illustri, seriamente
documentate ma di facile lettura, con molti titoli dovuti alla penna di
storici italiani come Mario Mazzucchelli (protagonisti della
Rivoluzione francese, primo tra tutti
“Robespierre”, e dell’impero,
“Napoleone III”) ed Eucardio Momigliano
(“Cromwell”, “Barbarossa”,
“Federico II di Svevia”).
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I romanzi di Guido
da Verona
Il catalogo dei narratori italiani di successo si arricchì
con i romanzi di uno degli scrittori più fortunati e letti
del tempo: Guido da Verona, il quale si accordò nel 1930 con
Enrico dall’Oglio non solo per la nuova edizione di tutte le
sue opere (che l’anno seguente iniziarono ad essere
ristampate in migliaia di copie), ma anche per la pubblicazione di tre
nuovi romanzi, “La canzone di sempre e di mai”, “L'assassinio dell'albero antico”, “La canzone di ieri e di domani”.
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Guido da Verona
(1881-1939) |
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I Secoli e la
“Storia della guerra italiana”
Un’altra nuova collana, destinata ad accogliere opere di
saggistica storico-politica, fu I
Secoli, che dal 1931 al 1934 ospitò 29 titoli:
memorie, avventure, novità, cronache e varietà
storiche e contemporanee. Tra gli autori italiani di spicco Paolo
Zappa, che con i suoi libri di avventure in terre lontane riscosse
notevole successo. Del 1934 è la nutrita raccolta di volumi
“Storia della Guerra italiana”.
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La Scrittori di tutto il mondo e il “Viaggio al termine della notte” di L. F.
Céline
Tra il 1932 e il 1933 uscirono i primi volumi di due collane di
narrativa con opere destinate a rimanere nel tempo, in prevalenza di
autori stranieri – la Scrittori
di tutto il mondo e I
Corvi –, che diffusero una letteratura fino ad
allora poco conosciuta e poco tradotta in italiano. Ideata
già nel 1928 e diretta da Gian Dauli per la casa editrice
«Modernissima», tra i 19 volumi pubblicati nella Scrittori di tutto il mondo erano usciti titoli di grande prestigio quali “Sotto il sole
di Satana” di G. Bernanos, “Süss
l’ebreo” di L. Feuchtwanger, “La
signorina Elsa” di A. Schnitzler, “Figli e
amanti” di D. H. Lawrence, “Il ponte di San Luis
Rey” di T. Wilder, “Berlin
Alexanderplatz” di A. Doeblin, “Babbitt”
di S. Lewis e “La montagna incantata” di T. Mann.
Ma la collana non ebbe il successo sperato e di lì a poco la
stessa editrice «Modernissima» cessava le
pubblicazioni. Fu allora che Enrico dall’Oglio, come scrive
Ada Gigli Marchetti, «venne in soccorso di Gian Dauli,
rimasto senza prospettive di lavoro e nel 1932 rilevò i
primi titoli della Scrittori
di tutto il mondo e
“rilevò” anche Gian Dauli, cui
affidò la direzione della collana.
Molti dei nuovi titoli
pubblicati furono tuttavia scelta personale dell’editore e il
caso più clamoroso, anche se non l’unico, fu la
prima traduzione italiana del capolavoro di Céline
“Viaggio al termine della notte”. |
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La lettura del
libro colpì talmente l’editore
[‘stupendo, magistrale impasto di fango e di luce’,
scrisse Enrico dall’Oglio] da indurlo ad immediata
pubblicazione»8.
La decisione di dall’Oglio di pubblicare in tutta autonomia
il “Viaggio” di Céline e altri testi fu
accolta con sorpresa dal direttore della collana, che così
scriveva al suo editore in una lettera del 3 febbraio 1933:
«No, non sapevo di Weiss e di Kesten ed ho saputo a cose
fatte di Mazeline e Céline. Fatto da voi è fatto
bene, però suggerirei di non insistere sui francesi prima di
vedere l’esito dei tre nuovi [...] Comunque vi ammiravo
già ed ho imparato ad ammirarvi di più ogni
giorno [...]»9.
Di Gian Dauli autore dall’Oglio pubblicava nello stesso 1932
il romanzo “La rua” e “Gli
assetati”, nel 1933 la nuova edizione di
“L’ultimo dei Gastaldon”, nel 1934 quella
di “Perdizione” e nel 1935 quella di
“Soldati”. Il sodalizio con Gian Dauli
verrà meno alla fine del 1934 per le continue richieste di
denaro dello scrittore e per il suo mutato orientamento politico in
favore del regime fascista.
La collana si arricchì negli anni di autori di
fama quali John Dos Passos (“Nuova York”), Stefan
Zweig
(“Sovvertimento dei sensi”), Howard Spring
(“Figlio!
Figlio mio!”), Hugh Walpole (“La saga degli
Herries”), Aldous Huxley (“Passo di
danza”), fino
all’ultimo titolo pubblicato nel 1943 (“Il
nipote” di
William von Simpson).
8 A. Gigli Marchetti,
“Le edizioni Corbaccio. Storia di libri e di
libertà”, con prefazione di Franco Della Peruta,
Milano,
Franco Angeli, 2000, pag. 56.
9 Lettera di Gian Dauli ad Enrico
dall’Oglio, 3 febbraio 1933. Archivio dall’Oglio. |
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I
Corvi
Un’altra idea innovativa ebbe l’editore sempre nel
1932. Non esisteva in Italia una collana economica moderna di formato
tascabile: il libro era ancora in un certo senso un bene non alla portata di tutti, caro
e spesso ingombrante. Nacque così I Corvi, varata nei
primi mesi del 1933 e vista con immediato favore dal pubblico e dalla
critica. La collana aveva la particolarità di coniugare
all’economicità del prezzo (cinque lire)
moltissimi titoli di prestigio, suddivisi in varie sezioni
riconoscibili dal colore delle copertine. Enrico dall’Oglio
vi pubblicò già nel 1933 la prima traduzione
italiana di “Gente di Dublino” di James Joyce,
facendo così conoscere al grande pubblico lo scrittore
irlandese, la seconda edizione (la prima era stata pubblicata a spese
dell’autore) de “Gli indifferenti” di A.
Moravia, autori di fama come K. Mansfield con il suo
“Diario”, T. Mann con “Altezza
reale”, J. K. Jerome con “Tre uomini in
barca” e numerosi altri fino ad allora sconosciuti al
pubblico italiano. In questo senso si può veramente parlare, come ha fatto V. Spinazzola di «funzione anticipatrice svolta dalla Corbaccio»10.
10 V. Spinazzola,
«Scrittori, lettori ed editori», in: AA.VV.,
“Editoria e cultura a Milano tra le due Guerre
(1920-1940)”, Atti del Convegno, Milano, Fondazione Arnoldo e
Alberto Mondadori, 1983, pag. 31.
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Contratto editoriale di Alberto Moravia con la Casa editrice Corbaccio per la pubblicazione de "Gli indifferenti", 1933
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La
«Libreria Corbaccio»
Il 1932 fu anche l’anno in cui l’editore volle
rendere concreta e visibile la sua presenza nel cuore di Milano:
affittò così nella Galleria Vittorio Emanuele i
locali della ex libreria «Unitas» e vi
installò la sua libreria, che divenne per qualche anno, fino
al 1936, luogo privilegiato di incontri, oltre che con il pubblico di
lettori, con intellettuali e scrittori.
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Bozze della traduzione del "Diario" di Katherine Mansfield con correzioni di pugno dell'editore
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L’editore
Enrico dall’Oglio seguiva in prima persona tutte le fasi
preparatorie dell’uscita di un libro per la sua
«Corbaccio». Ciascun libro arrivava sul banco del
libraio e poi al lettore dopo essere stato letto personalmente
dall’editore almeno tre volte: una prima volta in fase di
giudizio, una seconda dopo la composizione delle prime bozze in
tipografia, la terza e ultima lettura prima di dare alle stampe il
volume. In queste fasi preparatorie l’editore manteneva poi
un costante contatto con l’autore, curava la scelta dei
caratteri e l’impaginazione della copertina, preavvertiva con
lettere personali distributori e librai dell’uscita del
volume, ne organizzava il lancio promozionale, contattava lui stesso
critici e giornalisti per ottenerne la recensione, si assicurava che
venisse ben distribuito nelle librerie, che spesso visitava in prima
persona.
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Convegno degli editori di Torino,
24-25 ottobre 1936
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Italo Svevo
(1861-1928)
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Italo Svevo nel
catalogo «Corbaccio»
Nel 1938 con la nuova edizione dei romanzi di Italo Svevo
l’editore avviava il rilancio delle opere del grande
scrittore triestino. “Una vita” e
“Senilità” erano stati pubblicati a fine
Ottocento dall’editore triestino Vram, ma a spese
dell’autore. Quanto alla “Coscienza di
Zeno” era stata pubblicata anch’essa a spese
dell’autore dall’editore bolognese Cappelli agli
inizi degli anni ’20. Ma nessuno dei tre romanzi aveva
incontrato il favore del pubblico né tanto meno della
critica, incapace di comprenderne la grandezza nonostante avesse avuto
estimatori quali Montale e Joyce. Nella convinzione che le opere di
Svevo non sarebbero dovute «andare nel dimenticatoio e che
opportunamente presentate e rilanciate con vigore sul
mercato» avrebbero potuto «suscitare ancora vasti
interessi e richiami» (così scriveva Enrico
dall’Oglio alla vedova di Svevo, Livia Veneziani, il 3
novembre 193711),
dall’Oglio stipulò con la signora Svevo in data 7
febbraio 1938 un contratto per la riedizione di tutte le opere dello
scrittore. |
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Contratto
editoriale di Livia Veneziani con la Casa editrice Corbaccio per la
pubblicazione delle opere del marito Italo Svevo, 1938
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Da allora Svevo, finalmente riconosciuto in tutta la sua
grandezza, resterà in esclusiva nel catalogo della casa
editrice per oltre quarantacinque anni, fino a quando le sue opere
diverranno di pubblico dominio. Alla morte di Enrico
dall’Oglio, il 4 settembre 1966, la figlia di Svevo, Letizia
Fonda Savio, scriverà al figlio dell’editore,
Andrea: «...Ho perduto colui che alla fama di Svevo diede
impulso generoso, comprendendo il valore di mio padre e pubblicando le
sue opere quando nessuno in Italia voleva farlo o non osava
farlo»12.
11 Lettera di Enrico dall’Oglio a Livia Veneziani Svevo, 3
novembre 1937. Archivio dall’Oglio.
12 Lettera di condoglianze di Letizia
Fonda Savio ad
Andrea dall’Oglio per la morte del padre Enrico, 9 settembre
1966. Archivio dall’Oglio.
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Il matrimonio con
Anna Romano
Il 1938 è anche l’anno in cui Enrico
dall’Oglio sposò una giovane dottoressa pediatra,
Anna Romano, che lo aiuterà nel suo lavoro e nelle sue
battaglie politiche e lo seguirà nell’esilio in
Svizzera (v. oltre), dalla quale ebbe due figli: Andrea, che
continuerà l’attività della casa
editrice dopo la sua scomparsa, e Barbara, che diverrà
medico cardiologo nelle Suore dell’Ordine di «Maria
Bambina».
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Le leggi
razziali del 1938, i sequestri di autori ebrei e il divieto di pubblicazione di autori stranieri
Con le leggi razziali del 1938 nuovi sequestri per la
«Corbaccio» si aggiunsero alla già
nutrita lista: tutte le opere di autori ebrei o, presunti tali, come
Thomas Mann e la sua “Montagna incantata”, vennero
sequestrate13,
mentre alle richieste di ristampe o di pubblicazioni in lingua italiana
di opere di autori stranieri indirizzate alla famigerata Commissione
per la Bonifica Libraria veniva quasi sempre opposto un secco rifiuto
con motivazioni anche ridicole: così, ad esempio, veniva
vietata l’opera “Il vincolo irrazionale”
di G. B. Shaw «perché il contenuto è
contrario ai principi fascisti sulla famiglia», mentre a
guerra già iniziata il Ministero per la Cultura Popolare
vietava la ristampa de “Gli indifferenti” di
Moravia e la pubblicazione dei volumi della
“Recherche” di Proust perché
«non opportuna almeno per la durata della guerra».
Anche “Pian della Tortilla” di J. Steinbeck non
potè entrare nel catalogo della
«Corbaccio» pesantemente impoverito con grave danno
economico dell’editore.
Lo stesso Enrico dall’Oglio era costantemente sotto
sorveglianza da parte del regime: ancora il 29 novembre 1938, dalla
Divisione affari generali e riservati della Direzione generale di
pubblica sicurezza si segnalava al prefetto di Milano che
l’editore era «noto alla setta Giustizia e
Libertà [...] perché segnalato alla stessa per
l’invio di stampati antifascisti»14.
13 Per
un’approfondita conoscenza dell’opera di censura
svolta dal
regime fascista nei riguardi degli autori ebrei, cfr. Giorgio Fabre,
“L’elenco. Censura fascista, editoria e autori
ebrei”, Torino, 1998.
14 ACS, Ministero dell’Interno,
Dir. Gen. P.S. Div. AA.GG.RR., cat. 2B, ad nomen.
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L’opera
di Giuseppe Rensi
Tutto questo non impediva all’editore di portare avanti con
coraggio e con tenacia la sua attività anche con la
pubblicazione di autori invisi al regime. Ancora nel 1937 era entrata
nella nuova serie di Cultura
contemporanea l’opera di Giuseppe Rensi,
“La filosofia dell’assurdo”, e ne I Corvi "Paradossi
d'estetica". Professore di filosofia all'Università di
Genova,
Rensi era stato allontanato dalla cattedra universitaria per la sua
opposizione al regime. Sempre di Rensi nel 1939 l'editore
pubblicherà anche "Autobiografia intellettuale".
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Minerva e Operai
dell’intelligenza
Nel 1939 nacquero altre due collane: Minerva, di
divulgazione scientifica, e Operai
dell’intelligenza, biografie di artisti e
pensatori che si affiancavano a quelle di uomini d’azione
della Collana storica,
mentre nel 1940 veniva varata Documento,
con l’intento di offrire al pubblico
l’opportunità di documentarsi su vicende
d’attualità.
La
«Corbaccio-dall’Oglio editore»
Nel 1941 l’editore, dopo aver modificato la ragione sociale
della casa editrice da «Corbaccio» in
«Corbaccio-dall’Oglio editore», decideva
anche di dotarsi di una tipografia propria, acquisendo una piccola
impresa nel centro di Milano alla quale affidare la stampa dei propri
volumi accanto a «La Tipografica Varese» di
Giuseppe Redaelli, con la quale la casa editrice mantenne sempre un
proficuo sodalizio di lavoro (avviato nel 1929 e proseguito dopo la
guerra). La «STED, Stabilimento Tipografico
Enrico dall’Oglio» diede lavoro ad una decina di operai,
ma andò purtroppo totalmente distrutta nel corso dei
bombardamenti alleati su Milano dell’agosto 1943. Nello
stesso 1941 l’editore decideva di cimentarsi in un nuovo
ambito e veniva varata la collana per ragazzi Lucilla, diretta
dalla scrittrice Lucilla Antonelli.
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“Tutte le
Encicliche dei sommi Pontefici” e la “Storia del
Cristianesimo”
Tra il 1940 e il 1942 uscivano due opere imponenti: “Tutte le
Encicliche dei sommi Pontefici” curata da Eucardio
Momigliano, con il testo integrale di tutti i principali documenti
pontifici, e la “Storia del Cristianesimo” di
Ernesto Bonaiuti, principale esponente in Italia del movimento
modernista, scomunicato dalla Chiesa e allontanato nel 1931
dall’insegnamento universitario dal regime fascista.
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Il Partito
Democratico del Lavoro
Nel frattempo Enrico dall’Oglio aveva deciso di riprendere in
prima persona la sua battaglia politica, maturando l’idea, di
cui rese partecipe una ristretta cerchia di amici tra cui lo storico
Eucardio Momigliano e il deputato Luigi Gasparotto, di fondare nella
clandestinità un nuovo partito, il Partito Democratico del
Lavoro, che, ispirandosi ai principi del socialismo riformista, potesse
dare un contributo alla rinnovata vita politica del Paese una volta
caduto il fascismo.
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“Coscienza”
Ma fu nel 1943 che dall’Oglio, come scrive Ada Gigli
Marchetti, «pensò che fosse venuto il momento di
rompere gli indugi e di ritornare dichiaratamente nell’agone
politico. E lo fece con l’unico strumento a lui veramente
congeniale: un libro. Il 30 luglio 1943, a soli cinque giorni dalla
caduta di Mussolini, fece uscire dalla sua tipografia, a sua firma e a
testimonianza della volontà di un preciso impegno politico
ed editoriale, un opuscolo intitolato
“Coscienza”»15. E così scrive G. Pedullà: «Fra le voci
più tempestive nell’assumere ancora una volta una
posizione antifascista appare quella di dall’Oglio, che
nell’estate 1943 esce allo scoperto annunciando la ripresa
delle collane militanti Confessioni
e battaglie
e Res
publica,
accompagnate dalla rivista “Porte
aperte” [“Opere libere”], che si propone di ospitare
tutte le correnti
culturali democratiche»16. “Coscienza”, come scrive ancora Ada Gigli
Marchetti, voleva
dunque essere «un’aperta presa di posizione contro
il
fascismo e una ferma esortazione al Paese perché si
impegnasse
nel rinnovamento politico e culturale. Manifesto di un programma
politico da realizzare in un’Italia liberata dalla dittatura,
“Coscienza” era anche la testimonianza del dramma
personale
di Enrico dall’Oglio, del prezzo da lui pagato per continuare
la
sua attività di editore [...]. |
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Alla dichiarazione di intenti
professata in “Coscienza” non poterono seguire i
fatti. La
rivista «Porte aperte» [...] non uscì.
Così
come non uscì nessun’altra delle pubblicazioni
annunciate.
L’editore infatti fu presto costretto alla
clandestinità
dalla repubblica di Salò; qualche mese dopo, il 19 febbraio
1944, il Ministro della Cultura Popolare della Repubblica di
Salò, Fernando Mezzasoma, disponeva
‘l’immediato
sequestro dell’opuscolo
“Coscienza”’»17,
mentre veniva intensificata la caccia all’editore.
15
A. Gigli Marchetti, cit., pag. 88.
16 G. Pedullà, «Gli
anni del fascismo:
imprenditoria privata e intervento statale», in
“Storia
dell’editoria nell’Italia contemporanea”,
a cura di
G. Turi, Firenze, Giunti, 1997, pag. 381.
17 A. Gigli Marchetti, cit., pagg. 88-90.
Il
telegramma con l'ordine di sequestro qui riprodotto è
conservato
presso l'Archivio di Stato di Milano, Gab. Pref. II, Cartella 383, Cat.
045 (Sequestri).
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La
clandestinità, la condanna a trent’anni in
contumacia, l’esilio in Svizzera
Dopo aver vissuto in clandestinità per qualche mese sulle
colline del Varesotto, mentre la moglie e i figli erano sfollati in un
minuscolo paese di quella stessa zona, all’albergo
«Riposo» di Prima Cappella, il 1° aprile
del 1944 Enrico dall’Oglio fu colà raggiunto da un
invito del Tribunale Provinciale Straordinario a «comparire
sabato 16 aprile 1944 alle ore 10 presso [...] [quel] Tribunale [a]
Palazzo di Giustizia di via Freguglia 2, stanza n. 478 per
comunicazioni che [...] [lo] riguardavano»18.
Non essendosi egli ovviamente presentato, fu colpito da mandato di
cattura e quindi «condannato in contumacia a
trent’anni di reclusione per aver fondato il Partito
Democratico del Lavoro, la rivista «Opere libere»,
per aver scritto e pubblicato “Coscienza”. |
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La
notizia venne riportata da «La squilla italica. Giornale
italiano in Svizzera» il 27 maggio 1944.
L’esilio svizzero di Enrico dall’Oglio aveva avuto
inizio il 15 aprile 1944 quando l’editore, dopo una lunga
marcia attraverso la Val Codera, con l’appoggio di un gruppo
di partigiani facenti capo all’organizzazione di Giustizia e
Libertà, era entrato in territorio elvetico in Engadina a
Bondo. Alla polizia di Samaden Enrico dall’Oglio dichiarava
«Dal 1924 sono stato politicamente attivo. Ho scritto e
pubblicato libri e articoli di giornale contro il fascismo.
Sono ricercato dal settembre 1943 e ho dovuto rimanere nascosto in
Italia. Alcune volte mi hanno cercato a casa. Sono stato imputato
avanti la giustizia. Non mi rimaneva altro che rifugiarmi in Svizzera
[...]. Sono convinto che, se venissi rinviato in Italia, verrei
immediatamente fucilato»19.
Enrico dall’Oglio trascorse un anno in Svizzera,
dall’aprile 1944 all’aprile 1945. La moglie Anna,
con i due figli, lo aveva raggiunto di nascosto valicando nella notte
il confine sul monte Bisbino con l’aiuto dei partigiani. Nel
dicembre del 1944, infatti, i tedeschi, che erano venuti a conoscenza
del fatto che Enrico dall’Oglio si trovava in Svizzera,
convocavano la moglie al Comando delle SS di Varese: vi rimase due
giorni e venne minacciata d’internamento in un campo in
Germania se non avesse ammesso che il marito si trovava in Svizzera e
che lei era in contatto con lui. Anna Romano rifiutò di fare
ammissioni di sorta, ma il pericolo era ormai gravissimo: rendendo nota
alla polizia di confine svizzera, dopo la fuga notturna, le minacce
ricevute al Comando SS, anche Anna Romano e i figli ottennero immediato
asilo politico e poterono così rifugiarsi
anch’essi oltre confine20.
Nel frattempo l’editore aveva trascorso periodi di quarantena
nei campi di internamento prima di Samaden, poi di Ringlikon e di
Mergoscia, che si conclusero solo il 6 giugno 1944. Sul finire
dell’anno la famiglia poté finalmente riunirsi a
Locarno.
18 II Invito a comparire inviato dal Tribunale Provinciale di Milano il
1° aprile 1944. Archivio dall’Oglio.
19 ACB (Archivio Cantonale di Bellinzona),
FI (Fondo
Internati), Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, Verbale
d’interrogatorio dall’Oglio Enrico, Samaden, 19
aprile 1944.
20 ACB (Archivio Cantonale di Bellinzona),
FI (Fondo
Internati), Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, Verbale
d’interrogatorio dall’Oglio-Anna Romano,
Bellinzona, 15
dicembre 1944.
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Luigi Gasparotto
(1873-1954) |
I contatti con gli
altri esuli, i rapporti con Luigi Gasparotto
A Locarno Enrico dall’Oglio si preoccupò di
riallacciare i contatti con gli altri esuli (sulla vicenda dei
rifugiati italiani in Svizzera dal 1943 al 1945 si veda il volume di
Renata Broggini “Terra d’asilo”, Bologna,
Il Mulino, 1993). Come scrive Ada Gigli Marchetti, «egli non
smise mai di pensare attivamente alla politica, così come
non smise mai di pensare alla sua attività di editore.
Ancora una volta, come nell’ormai lontano 1924, le passioni
della sua vita si ricongiungevano [...]. Così si
riconfermò nell’idea di dar vita, e questa volta
concretamente, al Partito Democratico del Lavoro, cercando di definirne
obiettivi e finalità»21.
Il suo interlocutore per la realizzazione di questo progetto continuava
ad essere Luigi Gasparotto, al quale scriveva il 7 luglio 1944:
«Quando lei potrà e vorrà ne
riparleremo insieme per estendere, precisare e diffondere quello che si
potrebbe chiamare [...] Manifesto della democrazia italiana.
Così come le propongo di [...] costituirci definitivamente
in Partito democratico del lavoro, com’io lo vidi e lo fondai
nel ’41»22.
Quanto alla ripresa dell’attività editoriale, in
un’altra lettera all’amico Gasparotto del 28
ottobre 1944 dall’Oglio scriveva: «Questo non
incide e non coincide con l’attività della mia
Corbaccio, che riprenderà con ogni lena e forse senza
demerito, non appena potrò rimettermi davanti alla mia
“bottega d’idee” e dietro la mia
scrivania. Pur che trovi una sola pedalina, libri, riviste e giornali
usciranno a getto continuo»23.
21
A. Gigli Marchetti, cit. pag. 96.
22 Lettera di Enrico dall’Oglio
a Luigi
Gasparotto, 7 luglio 1944. Archivio Gasparotto presso Istituto Milanese
per la Storia della Resistenza e del Movimento Operaio, busta 4,
fascicolo 2.
23 Lettera di Enrico dall’Oglio
a Luigi Gasparotto, 28 ottobre 1944. Ibidem.
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I rapporti con
Arnoldo Mondadori
Anche Arnoldo Mondadori si trovava esule in Svizzera e, per quanto vi
si trovasse per ragioni per molti aspetti opposte a quelle di Enrico
dall’Oglio (temeva cioè ritorsioni antifasciste
per essere stato un editore vicino al regime), vi era tuttavia stima
reciproca e lo stesso Mondadori aveva cercato di essere
d’aiuto a dall’Oglio sia quando si trattava di
fargli regolarizzare la sua posizione in Svizzera, sia quando si
trattava di metterlo nascostamente in comunicazione con la moglie Anna,
sia infine offrendosi di mettergli a disposizione per la ripresa
dell’attività editoriali la sua struttura
produttiva e commerciale24.
Ma Mondadori andò oltre. «Ferma restando la
volontà di dall’Oglio di ridare comunque vita, a
guerra conclusa, alla sua «Corbaccio», vennero
altresì ventilati progetti di iniziative comuni.
Più in particolare Mondadori puntò su
dall’Oglio e i suoi amici (il più autorevole dei
quali dal punto di vista politico era Luigi Gasparotto) nella speranza
di potersene fare una copertura per una futura diversa configurazione
societaria che lo vedesse (e si può capire
perché) meno direttamente esposto a livello di Consiglio di
amministrazione. L’ipotesi messa inizialmente a punto
prevedeva che la presenza in quest’ultimo di membri della
famiglia fosse limitata, dando l’opzione della maggioranza a
dall’Oglio e facendovi entrare anche il già citato
Gasparotto e altri elementi antifascisti [...]. Ma la convivenza venne
giudicata comunque troppo imbarazzante dagli interessati»25 e
il progetto finì per cadere.
24 Lettera di Arnoldo Mondadori a Enrico dall’Oglio, 21 agosto
1944. Archivio dall’Oglio.
25 E. Decleva,
“Mondadori”, Torino, Utet, 1993, pag. 290.
La fondazione
clandestina del Partito Democratico del Lavoro
Sul finire del 1944 Enrico dall’Oglio ebbe la soddisfazione
di sapere che il suo Partito Democratico del Lavoro si era
effettivamente costituito a Roma nella clandestinità nel
1943 per opera di un altro suo autore, Meuccio Ruini, e di Ivanoe
Bonomi e, successivamente, anche con il concorso di Eucardio Momigliano
e di Luigi Gasparotto, chiamato a far parte quale Ministro
dell’Aeronautica del primo governo Bonomi.
Allo stesso Gasparotto, agli inizi del 1945, Enrico
dall’Oglio, fiducioso in un prossimo rientro in patria e
nella ripresa della sua attività editoriale, scriveva per
invitarlo a collaborare ad un progetto che gli stava a cuore: una
collana di biografie di personaggi dell’antifascismo e
stilava un elenco di autori, alcuni dei quali avevano già
avviato la stesura dei testi.
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Il rientro in
Italia e il riavvio dell’attività editoriale
Rientrato finalmente in patria dopo la liberazione
nell’aprile 1945, Enrico dall’Oglio, sprovvisto di
mezzi e con lo stabilimento tipografico distrutto, volle tuttavia
riavviare subito la sua attività editoriale, indirizzando a
tutti i librai, nel maggio 1945, un battagliero volantino
pubblicitario:
«Caro signor libraio, nell’autunno del 1943 ho
volontariamente sospeso la mia attività editoriale. Ho
voluto, cioè, non produrre nulla - neppure la più
facile e la più semplice delle ristampe - e non guadagnare
un centesimo durante il fosco periodo dell’invasione
teutonica e della servile ‘repubblica’
[...]. So che ora devo ricominciare, né più
né meno, dal principio; esattamente da quando, poco
più che ventenne, esordivo in campo editoriale con opere che
io stesso sento di poter definire non obliabili: Matteotti, Amendola,
Ferrero, Misuri, Borsa, Ruini, Salvatorelli, l’Associazione
per il Controllo Democratico ecc. Posseggo soltanto la
volontà. Mi accingo a ricostruire. Contribuirò
del mio meglio alla rinascita spirituale del Paese [...]. Cordialmente.
Enrico dall’Oglio, editore»26.
26 Volantino ai librai, maggio 1945. Archivio dall’Oglio.
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La nuova serie di Confessioni
e battaglie
Così, l’attività della casa editrice
riprendeva proprio da dove era iniziata con la pubblicazione della
nuova serie della collana Confessioni
e battaglie:
“Reliquie” di Matteotti e
“Libertà di stampa” di Mario Borsa erano
ora accostati a “L’avventura fascista” di
Bortolo Belotti, a “Missione segreta” di Alberto
Berio, a “Storia politica italiana” di Luigi Degli
Occhi, a “Diario di un deputato” e “La
via del Campidoglio” di Luigi Gasparotto, a
“L’Italia ieri e domani” di Ettore Janni,
a “Croce a sinistra” di Arturo Lanocita.
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L’attività
politica
L’attività politica al ritorno di
dall’Oglio dall’esilio non gli presentò
minori ostacoli. Il suo Partito Democratico del Lavoro stentava a
decollare e tuttavia l’editore decise di presentarsi
candidato socialista-riformista nelle elezioni del 2 giugno 1946 per
l’Assemblea costituente nella circoscrizione
Como-Varese-Sondrio nella lista del raggruppamento elettorale
dell’Unione Democratica Nazionale, di cui faceva appunto
parte il Partito Democratico del Lavoro; ma, sebbene avesse avuto un
buon numero di consensi personali, non fu eletto.
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Vecchie e nuove
collane
L’insuccesso elettorale non lo allontanò dalla
politica, ma semplicemente lo convinse a muoversi con gli unici
strumenti che veramente conosceva: i libri. Così, accanto a Confessioni e battaglie,
rinascevano anche, in nuova veste e con nuovi titoli, le collane di
maggior prestigio della «Corbaccio»: la Scrittori di tutto il mondo, I Corvi,
la Collana storica;
venivano ripubblicate opere monumentali come la “Storia del
Cristianesimo” di Ernesto Buonaiuti e “Tutte le
Encicliche dei sommi Pontefici”; venivano create nuove
collane come la Gran
Carro, romanzi e saggi di alta levatura, e Ammiraglia,
destinata ad accogliere l’Opera
Omnia di Italo Svevo.
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Successivamente nascevano altre due collane di rilievo di argomento
storico: Donne celebri (memorabile il successo de “La Monaca di Monza” di
Mario Mazzucchelli) e Grandi
famiglie con alcuni tra i maggiori storici italiani,
mentre Cultura
contemporanea accoglieva saggi di autori come S. de
Madariaga, C. V. Wedgwood, R. Fülöp-Miller, M. Brion,
F. Cognasso.
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La scomparsa
Alla morte dell’editore, nel settembre 1966, Paolo Grassi,
direttore del Piccolo Teatro di Milano, scrisse al figlio Andrea:
«Caro dall’Oglio, leggo della scomparsa di tuo
padre. Gli dobbiamo tutti indicazioni, stimoli, proposte, riflessioni
di vita morale e culturale negli anni “difficili”:
tutti noi abbiamo costruito un po’ della nostra cultura,
della nostra conoscenza sugli indimenticabili libri della Corbaccio
[...]»27.
27 Lettera di Paolo Grassi ad Andrea dall’Oglio, 5 settembre
1966. Archivio dall’Oglio.
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Il figlio Andrea
continua l’attività editoriale
La guida della casa editrice veniva assunta dal figlio Andrea, autore
di un apprezzato volume sull’unità europea dal
titolo “Europa, unità e divisione”
(1962), che proseguiva nell’attività continuando a
dare la precedenza a scelte di opere di qualità nelle varie
collane, che si arricchivano di numerosi titoli.
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L’Opera Omnia di
Italo Svevo, i Maestri
del passato, i successi della narrativa
Venne portata a compimento la pubblicazione dell’Opera Omnia di
Italo Svevo suddivisa in quattro volumi: “Romanzi”,
“Racconti, saggi e pagine sparse”,
“Epistolario”, “Commedie”.
Nell’ambito de I
Corvi, d’intesa con la «Oxford
University Press», veniva pubblicata la serie Maestri del passato,
mentre prendevano vita nuove collane della narrativa
d’evasione: Il
camaleonte,
nella quale, accanto ad altri successi, quali i romanzi di Irving Stone
(“Brama di vivere”, “Il tormento e
l'estasi”) e di Arthur Hailey
(“Aeroporto”), va ricordato
quello de “Il Padrino”
di Mario
Puzo e dei romanzi di azione di Alan (Sergio) Altieri, Andromeda, con
testi di fantascienza, alle quali si affiancava Attualità,
dedicata a grandi inchieste giornalistiche, ed Exploits, diretta
da
Bruno Romano, sulle imprese alpinistiche di maggior rilievo, e con
testi di etnologia come le opere di Fosco Maraini, il grande
orientalista.
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La
«Corbaccio» entra a far parte del Gruppo
«Longanesi»
Nel 1992 la casa editrice entrava con il marchio
«Corbaccio» nel Gruppo
«Longanesi», dove
continua la propria attività, mentre la sigla
«dall’Oglio editore»
rimane di
proprietà della
famiglia. |
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